Ho aggiornato il contenuto della pagina il 11 Ottobre 2024
Sono tornata in Molise, questa volta nella provincia di Campobasso, verso la costa. Un altro paesaggio, più dolce e disteso, rispetto all’Alto Molise, la provincia di Isernia. Le montagne e i boschi fitti di querce, castagni e faggi, qui cedono il passo a immensi granai, a uliveti e campi coltivati a legumi.
Lasciato il massiccio del Matese, all’altezza di Bojano, si imbocca la Strada Statale 647 che corre lungo il corso del fiume Biferno sino a Termoli. Il tratto più bello è quello che attraversa il bacino artificiale del Liscione formato dalla diga costruita nel 1972: due viadotti lunghissimi e scenografici (il primo lungo 3, 6 km e il secondo 4,9 km) sovrastano il bacino che sulle mappe viene indicato anche Lago di Guardialfiera.
Vale una deviazione Civitacampomarano. All’altezza di Lucito, si prende la provinciale 163 che, tornante dopo tornante, conduce sino al paesino. Un avamposto sul cucuzzolo di uno sperone roccioso, sperduto nel mezzo di un territorio di calanchi e gole profonde, distese di ginestre e boschi.
L’ultimo censimento del 2016 dichiara 417 abitanti, ma non si vedono. Si cammina tra stradine strette e scale, tante case sono abbandonate chissà da quanto tempo, vuote, abitate da rovi ed erbacce. Bello il Castello angioino, con bastioni e torri possenti, fossato, cortile, un loggiato rinascimentale, prigioni, cantine e cellai: tutto ristrutturato e piacevole da visitare.
Ma c’è qualcos’altro che fa parlare di Civitacampomarano e sono i murales di artisti italiani e internazionali che da qualche anno vengono quaggiù a lasciare un proprio segno per far rinascere il borgo medievale. Tutto è iniziato nel 2016 quando la celebre street artist Alice Pasquini ha iniziato a dipingere tra i muri, i portoni e le strade. Un ritorno alle origini per lei, perchè Civitacampomarano è il paese natale di suo nonno.
Da allora Alice cura il CVTà Street fest, un festival internazionale di arte di strada che sta riempiendo i vuoti e i silenzi del paese.
Essentia, la dimora rurale dei fratelli Salvatore e Marina, è l’indirizzo ideale per viaggiare in questa parte del Molise.
<Abbiamo ristrutturato la casa del nonno per condividere l’essenza della nostra terra>, racconta Salvatore. E lo fanno davvero, con semplicità e la giusta ostinazione che ci vuole in questa regione remota e bellissima.
Coltivano grani antichi con cui producono farina e semola per fare la pasta e il pane. Orti, uliveti e campi di girasole circondano la casa immersa nel silenzio di una campagna dolce.
Una manciata di camere e una suite (con vasca in camera e camino), tutte arredate con cura e attenzione ai dettagli, con elementi originari che ricordano le tradizioni contadine del territorio. Alcune hanno travi di legno al soffitto, altre i pavimenti originali.
Il lusso qui ha il fascino raro delle cose semplici e vere, del silenzio, delle voci degli uccelli, del pane fatto in casa e di un pomodoro raccolto a mano che porta in tavola un sapore e un profumo che abbiamo quasi dimenticato.
La prima colazione e la cena sono preparati come a casa: piatti semplici, di tradizione, di stagione, costruiti intorno a quello che offre l’orto. E nel bicchiere la Tintilia, il vino rosso del Molise.
Larino è ad una manciata di chilometri, si può arrivare anche in bicicletta con le bici che mettono a disposizione Salvatore e Marina. La città antica è in basso e la cattedrale del XII secolo di per sé vale il viaggio sino a quaggiù. La facciata è un capolavoro: un ricamo di pietra scolpita, di archi ed ogive, esili colonnine tortili, capitelli, grifi e leoni, un grande rosone a tredici spicchi e due bifore che incorniciano pezzi di cielo.
A fine maggio la cittadina festeggia il santo patrono, San Pardo, con una delle feste popolari più belle della regione che dura tre giorni. <Per noi San Pardo è la festa più bella del mondo– dice Salvatore – oltre cento carri, addobbati con fiori di carta fatti a mano e trainati da mucche, buoi, pecore e vitelli, sfilano per le vie della città>.
Termoli è dieci minuti di auto. È l’unico porto del Molise, pescherecci e i traghetti per le isole Tremiti. Si passeggia nella città antica: ecco il Castello svevo, la Cattedrale romanica e i bastioni sul mare. Sembra di essere già in Puglia, pietra bianca ovunque e luce accecante.
È terra di mezzo, il Molise.
Proseguendo verso nord, inizia la Costa dei trabocchi. Pochi chilometri e si sconfina in Abruzzo, la geografia qui ha confini impercettibili.
Gli antichi capanni da pesca costruiti su pali di pino di Aleppo rendono unico questo tratto di costa che alterna spiagge ampie a piccole cale rocciose e di sassi. Sono una poesia, i trabocchi. Sentinelle sul mare, antiche e curiose macchine da pesca, intrico di legni, argani e reti. D’Annunzio li definì “grandi ragni” sul mare.
Sembrano così fragili eppure da secoli resistono al mare e ai forti venti di maestrale. E da qualche anno anche al turismo.
Viaggio in auto dal 21 al 23 maggio.
Colonna sonora: Enjoy the silence, Depeche Mode.
Sull’Alto Molise ho scritto la prima volta per DOVE nel 2016. Clicca qui per leggere il reportage
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