Ho aggiornato il contenuto della pagina il 10 Ottobre 2024

La bellezza torna a far battere il cuore della Galleria Principe di Napoli. Domani aprono gli spazi della ex Tesoreria del Banco di Napoli dopo due anni di lavori e oltre un secolo di abbandono.

Un progetto importante di recupero e restauro per restituire alla città un luogo denso di storia e di fascino, che torna in parte alle sue origini, quello di cafè della Belle Epoque, della Napoli di fine Ottocento e inizi Novecento, capitale vivace, elegante, cosmopolita, frivola e colta.

Si chiamerà Scotto Jonno proprio come il cafè chantant che fondò il procidano Vincenzo Scotto Jonno nell’allora neonata Galleria (correva l’anno 1883) scrivendo un pezzo di storia napoletana, tra musica, teatro e allegra mondanità.

A riportare in vita questi immensi spazi, 580 metri quadrati complessivi su tre livelli, è un privato: Luca Iannuzzi, imprenditore ostinato e visionario, con una passione per l’arte e la cultura napoletana.


Nel 2020 per la prima volta Luca mi raccontò di questo progetto, mi fece entrare in questi spazi vuoti, muti, abbandonati, violati nella loro bellezza originaria. La Tesoreria aveva cancellato l’estetica raffinata del cafè chantant, aveva murato le balaustre liberty, nascosto i palchi. Ma Luca guardava già oltre, come se riuscisse a sentire il respiro di questo spazio. Ricordo il suo entusiamo, i progetti, gli schizzi a matita seduti per terra. Nella sua testa il futuro di questo luogo era chiaro. Ci ha messo due anni, ha combattuto con la burocrazia, le difficoltà di cantiere e di una città che spesso è matrigna. Ma ce l’ha fatta. L’investimento economico supera il milione di euro.


Scotto Jonno sorprende per il recupero filologico dei luoghi, per la ricerca minuziosa di arredi, oggetti, specchi, stoviglie, libri, dettagli. Sui muri sono stati lasciati a vista gli intonaci originari, al piano superiore sono state invece usate le sete di San Leucio per rivestire le pareti nei colori propri della Belle Epoque.
Insieme a Luca, che per due anni ha setacciato rigattieri e aste online per scovare lampade e arredi dell’epoca, ha lavorato l’artista e designer Eugenio Tibaldi, amico di lunga data. È sua l’immagine logo del luogo: una libellula elegante, quintessenza dell’estetica Art Nouveau. Suoi gli interventi di design contemporaneo che ben si abbinano al recupero conservativo. Scotto Jonno è oggi cafè, bistrot-ristorante, biblioteca, luogo di incontro e produzione culturale.

La cultura è il principio ispiratore del progetto. Il piano terra con soffitti alti 11 metri ospita la grande biblioteca diffusa (1800 volumi consultabili anche tramite un’App) realizzata con la Fondazione Guida alla Cultura e Guida Editori, il cafè-bistrot con tavolini, divani e poltroncine rétro, e il cocktail bar con uno straordinario bancone e bottiglieria a vista. Il piano superiore è ristorante con cucina a vista, chef table, e un’infilata di stanze. Il piano interrato è un’altra sorpresa: è stato destinato a cantina, ma svela anche una sala grande con tavoli e sedie per incontri e degustazioni.

Ai fornelli di ScottoJonno c’è Marco Ambrosino, classe 1984, procidano di nascita e ben noto alla critica gastronomica come chef di 28Posti, bistrot contemporaneo di Milano. Ebbene, dopo 10 anni di Milano, torna a Napoli a guidare le cucine di ScottoJonno, con una bella brigata. Luca Iannuzzi ha già impiegato 14 risorse, entro un mese saranno 22.

Scotto Jonno sarà aperto dalle 8.45 alle 24, tutti i giorni ad esclusione del martedì. È nel cuore di Napoli, tra il Museo Archeologico Nazionale e l’Accademia di Belle Arti.