Ho aggiornato il contenuto della pagina il 11 Ottobre 2024

C’è un posto magico in Calabria, è il Faro di Capo Vaticano, a strapiombo sul mare, lungo la costa sud occidentale. Una falesia vertiginosa, alta cento metri, di una bellezza selvaggia. Sulla linea dell’orizzonte si staglia il cono perfetto di Stromboli. È qui che lo scrittore veneto Giuseppe Berto, negli anni Cinquanta, in viaggio verso la Sicilia, si volle fermare. Rimase folgorato dalla bellezza primitiva di questi luoghi, comprò un vasto terreno con qualche rudere, vecchie case coloniche.

A Capo Vaticano Giuseppe Berto trovò la sua tana, il suo rifugio salvifico. Qui scrisse Il male oscuro (1964).  A ricordarlo oggi è la figlia Antonia che ha trasformato la casa del padre, morto 45 anni fa (il 1 novembre 1978), in un luogo di memoria e cultura. Casa Berto è, dal 2021, la prima dimora della Calabria nel circuito dell’Associazione Nazionale Case della Memoria: foto, locandine, libri, cimeli…tutto racconta di Giuseppe Berto e dei favolosi anni Sessanta in questo lembo di costa miracolosamente scampato all’assedio del cemento. Un parco letterario, un museo vivo che è fucina di cultura, una casa che accoglie con l’eleganza della semplicità e di chi fa le cose con passione.

Dal 2015, ogni estate, Antonia Berto invita per qualche giorno artisti, scrittori, filosofi, giornalisti per un piccolo festival “dedito alla semplicità”, allestito tra il patio e il giardino di casa, “per accorciare le distanze tra ospiti e platea”, spiega lei. Si chiama Estate a Casa Berto ed è un’occasione unica per il territorio, un viaggio sempre nuovo, tra musica, letteratura, cinema, arte e attualità. Questa VIII edizione si svolge dal 7 al 10 settembre. Mario Martone, Iaia Forte, Tommaso Ragno, Emanuele Trevi, Anna Ammirati sono alcuni degli ospiti di quest’anno.

È un luogo dell’anima Casa Berto, appartata, nascosta e abbracciata dagli alberi, ma aperta verso il mare, verso quell’orizzonte magico. Intorno alla casa padronale, nel folto della vegetazione, si scorgono altre pertinenze della proprietà: una sorta di serra, la casa dove Berto scriveva e un’altra ancora a picco sulla falesia del Faro, solo per due. Berto la chiamava il “Night” perché qui, nel 1968, volle fare una piccola discoteca, per ballare con gli amici, al chiaro di luna, piedi scalzi, guardando il mare.

Oggi Antonia affitta queste dependance di Casa Berto per brevi periodi, per vivere il fascino di questo lembo magnifico di Calabria che chiamano Costa degli Dei. Basta sedersi qui per un attimo, soli, nel silenzio, tra mare e profumi di resina, per lasciarsi prendere dalla malia. La leggenda narra del passaggio di Ercole, si vedono Scilla e Cariddi di lontano e poi l’Etna nelle giornate limpide. E dall’isolotto di Mantineo, a pochi metri dalla costa, sembra ancora giungere l’eco di millenari vaticini.

Penso che il capo si chiami Vaticano per la stessa ragione per cui un colle di Roma si chiama alla stessa maniera: sacerdoti e indovini vi andavano a scrutare il futuro, basandosi sul volo degli uccelli e altre cose. Duecento metri al largo della punta c’è uno scoglio chiamato Mantineo, e in greco “mantéuo” significa comunicare la volontà divina. Il capo era un posto sacro, e lo è ancora, nonostante tutto. Guardando l’aspra scogliera dall’alto, si può, nelle giornate buone, ossia quando le correnti non trasportano troppe immondizie, avere l’impressione che Ulisse sia passato là sotto, appena passato intendo dire. Nei giorni limpidi – rari d’estate ma frequenti nelle altre stagioni – si hanno di fronte le Eolie. Talvolta, nei tramonti d’inverno, capita che si scorga Capo d’Orlando, lontano nella Sicilia. Accade anche, e non tanto rara-mente, che appaia a Sud-Ovest una montagna immensa: è l’Etna. Così si hanno, nel giro d’orizzonte, due vulcani, e tutti e due fumano. Non è magia, ma chi ha la ventura di vedere ciò ne tiene il sospetto” (G. Berto. Intorno alla Calabria, luglio 1977)