Ho aggiornato il contenuto della pagina il 11 Ottobre 2024
La vibrante Bilbao, la Rioja Alavesa con i suoi vigneti a perdita d’occhio e le cantine futuristiche, e per finire un salto a San Sebastian sul Mar Cantabrico a mangiare acciughe.
I Paesi Baschi mi hanno emozionata: per l’architettura che dà spettacolo, per i meravigliosi pintxos e il vino tinto e per la fierezza che si respira. Euskadi, così si chiama questa regione del Nord della Spagna, è un paese a sé: terra orgogliosa e bellissima, una lingua incomprensibile, radici ben salde nella propria storia e occhi spalancati sul futuro. Una terra che ha la forza dei Pirenei e il vigore dell’Oceano, dove si mangia benissimo (è qui il più alto numero di ristoranti stellati pro capite) e si beve ancor meglio.
E dove un passato millenario dialoga con l’avanguardia.
A Bilbao mi sono persa nel Guggenheim museum, una nave – astronave sull’acqua che sembra avere la pelle di un pesce: enormi squame di titanio, linee mosse, volumi concavi e convessi. Ogni prospettiva è una suggestione diversa.
Al piano terra ho attraversato, toccato e vissuto la monumentale installazione di Richard Serra, The matter of time: otto enormi volumi – spirali, ellissi, serpentine – di Corten che ridisegnano la percezione dello spazio, del corpo e della materia. I tubi di neon di Jenny Holzer mi hanno ipnotizzato per le parole che corrono in loop: te siento, te rebusco, te respiro…
Il Guggenheim, favolosa creazione di Frank O. Gehry da 133 milioni di euro, dentro e fuori (con le installazioni permanenti Maman di Louise Bourgeois, il gigantesco Puppy e i Tulips di Jeff Koons, e la Fog Sculpture di Fujiko Nakaya, la nebbia improvvisa che ad intervalli regolari fuoriesce tra la terrazza e la passerella esterna del museo) di per sé vale il viaggio. Senza contare il ponte di Calatrava e l’Arco rosso di Daniel Buren sul ponte de la Salve.
Non è da meno il centro storico della città, il Casco Viejo: mi sono persa tra le stradine e sono entrata in un Txoko, le Società gastronomiche basche a cui possono accedere solo gli affiliati uomini, a fare lezione di pintxos, i piccoli bocconi che custodiscono un universo di sapori, emblema della gastronomia basca. Si afferrano con le dita, sono di varietà infinite e veri capolavori di alta cucina. Da provare la Gilda: uno spiedino di acciughe, olive verdi e guindillas (peperoncini locali) che è un omaggio a Rita Hayworth “dalle curve rotonde come l’oliva, salata come un’acciuga, piccante come un peperoncino“.
Il basco, che qui in verità chiamano txapelas, è un altro simbolo di questa terra. Sombreros Gorostiaga (in via Victor 9) è il più antico negozio di cappelli di Bilbao ed Emilio Pirla è l’ultimo erede di quattro generazioni di cappellai. Io ne ho comprati due, uno rosso ed uno nero. Che meraviglia!
L’albergo dove pernottare? Tayko nel cuore della Bilbao storica, mura antiche e interni contemporanei che lasciano a vista la pietra originale. Design e charme in ogni dettaglio e con la cucina firmata da Martin Berasategui. Tra i ristoranti non stellati, ma interessanti per design e proposta gastronomica, segnate in agenda Basuki: brace e cucina a vista in un ambiente elegante e ricercato.
Il vino è stato il motore di questo viaggio, il primo organizzato da Wine&Thecity, e allora, lasciata Bilbao, abbiamo viaggiato tra i filari della Rioja Alavesa, tra il fiume Ebro e la Sierra di Cantabria, alla scoperta di piccoli borghi medievali e cantine futuristiche.
Silenziosa e racchiusa tra le sue mura costruite nel XIII secolo, Laguardia è la porta di accesso alla celebre Ruta del vino della Rioja: 13.500 ettari di vigneti, un centinaio di cantine e una produzione di vino di circa 40 milioni di litri ogni anno. A rubare la scena sono le cantine disegnate dalle archistar del momento, vere e proprie cattedrali del vino.
Sono entrata nella Bodegas Ysios, spettacolare progetto di Santiago Calatrava: le linee curve, le grandi superfici di legno lamellare, la copertura in alluminio e i giochi d’acqua sembrano dar forma ad un’onda che si muove sinuosa tra i filari. Gli interni sono altrettanto d’effetto, con l’enorme bottaia e la sala degustazione affacciata sui vigneti. Il vino da scegliere? A me è piaciuto l’Ysios Riserva 2012, da uve Tempranillo, rosso elegante, di gran beva, equilibrato e senza spigoli.
A Elciego, la Bodegas Marqués de Riscal ha cambiato volto e destino di questo antico villaggio rurale. Con i suoi 160 anni di storia, Marqués de Riscal, fondata nel 1858, combina storia e innovazione. Pionieristica fin dai suoi inizi, l’azienda produce grandi vini nella DOCa Rioja e nella DO Rueda ed è oggi una delle realtà più spettacolari del territorio: nel 2006 è stata inaugurata la Ciudad del Vino di Frank O. Gehry che ha portato tra le vigne le sue linee curve e mosse ed enormi lastre di titanio. La città del vino dei Marchesi di Riscal è fatta di vigne e giardini, un hotel di lusso con Spa per la vinoterapia, un ristorante di alta gastronomia e una boutique per wine lovers. Nastri di titanio dalle superfici specchianti rivestono la struttura e sembrano srotolarsi tra le vigne, i colori non sono stati scelti a caso: il rosa del vino tinto, l’oro della rete che ricopre le bottiglie dell’azienda e l’argento della capsula, firma di Marqués de Riscal.
Ultima tappa San Sebastian, in basco Donostia, la “perla dell’oceano” con la sua elegante promenade Belle Epoque e un centro storico che merita tempo. In origine villaggio di pescatori, oggi San Sebastian è città di surfisti e grandi chef. E’ una delle capitali europee dell’alta cucina, tra avanguardia e tradizione antichissima. È la città di Juan Mari Arzak e di Martin Berasategui, tanto per dire. Bisognerà tornarci.
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