Ho aggiornato il contenuto della pagina il 31 Gennaio 2024

Il destino nel nome. Non poteva che essere un monastero solitario il posto dei fratelli Cristiana e Niko Romito. Un romitorio del cinquecento, tra le montagne d’Abruzzo, che un restauro filologico ha restituito alla sua essenza di pietra e di luce. Casadonna, questo il nome, è destinazione in sé. Per chi ama le cose belle, per chi ha la curiosità del palato e per chi sa godere del tempo lento.

Lasciata la statale 17, il navigatore conduce su una stradina senza nome che si arrampica sul crinale della montagna. Un grande cancello in ferro battuto introduce alla tenuta: ecco sei ettari tra pascolo, bosco e filari di vite, un vigneto sperimentale di Pecorino, con qualche filare di Riesling e Pinot nero. E il monastero intonacato a calce.

Si viene qui per la cucina di Niko, tre stelle Michelin dal 2014. Per esplorare il suo percorso vegetale in quattordici portate (e mangerete scarola, barbabietola, infuso di cavolo nero, lenticchie come non li avete mai mangiati prima). Ma bisogna fermarsi per una notte per comprendere appieno il progetto dei fratelli Romito. Ci sono 6 camere e 4 suite a Casadonna. Camere di una eleganza sobria, senza orpelli, con vasche da bagno che guardano la montagna, arte e fotografia alle pareti. Tanto bianco, legno e pavimenti di recupero, Corten e tessuti naturali. Less is more è la regola qui. “Con il tempo si impara ad eliminare tutto ciò che è superfluo”. La ricerca della semplicità è il principio ispiratore di tutto. Una semplicità consapevole, profonda, “che racchiude in sé complessità e contenuto”. La si trova nella sala ristorante, a tavola, nel piatto. E poi nelle camere, nelle sale comuni.

la sala del ristorante, foto di Helenio Barbetta.

La vita al Casadonna ha i tempi di un monastero. Si cena presto, alle 19.30, e alle 22 il servizio è pressoché finito. È il momento di una tisana o un distillato davanti al camino nel salone che è spazio comune e bellissimo. Pavimento in pietra grezza e soffitto di legno. Sopra il divano, sulla parete, campeggia la prima opera a neon di Joseph Kosuth (altre due sono nella sala colazione). Una fotografia di Mimmo Iodice si fa notare su un’altra parete. Poi pochi pezzi e ben calibrati di design storico, tra lampade e arredi vintage come l’iconica Arco di Achille Castiglioni.

Le camere sono al piano superiore. Tutte diverse, ciascuna con qualcosa di speciale. Ho dormito nella Suite Reale: un grande open space con soffitto a capriata in legno e una vetrata immensa che si affaccia sui pascoli, l’ ippocastano secolare e di lontano il borgo storico di Castel di Sangro. Il riscaldamento è al pavimento. Nel bagno, la vasca dal sapore rétro è davanti alla finestra, pensata forse per godersi il tramonto. Il set da bagno è firmato Parco 1923, la linea di saponi, creme e fragranze nata per celebrare i profumi dei boschi del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, tra i più antichi d’Italia.

Al mattino, la prima colazione è servita dalle 8 alle 10. Una festa dei sensi. La sala è inondata di luce e sole: minimale, bianca, con una manciata di vecchi tavoli di legno, tovaglie candide. Ancora due installazioni di Kosuth alle pareti.


Non c’è un buffet. Al tavolo arrivano i pani e i lievitati di Niko: sono brioche, crostatine di frutta, plumcake alle carote, fette biscottate e crostatine. Poi marmellate, burro di manteca, yogurt e il miele fatto qui (10 famiglie di api vivono nella tenuta). È una colazione italiana, in belle porcellane bianche, con l’uovo fresco, da allevamento biologico, proposto in più varianti, servito in camicia, in coppa Martini, con guanciale croccante. Poi centrifughe di stagione, succhi freschi di mirtillo e arancia, latte di mandorla. Prendetevi tempo. È il gran finale di questa esperienza.  

Casadonna Reale Piana Santa Liberata, Castel di Sangro (Aq)

Le camere (per due e con prima colazione) hanno un costo compreso tra i 270 e i 670, in base alla tipologia. Il percorso degustazione costa 210 euro per persona, escluso le bevande. Per prenotare qui

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