Ho aggiornato il contenuto della pagina il 11 Agosto 2022
L’Orientale sarda, la SS125, da Dorgali ad Urzulei è un nastro di asfalto che si srotola tra pareti verdi di macchia e strapiombi vertiginosi. Curve, tornanti e panorami maestosi. Siamo tra la Barbagia e l’Ogliastra, nel tratto più selvaggio del Supramonte.
Al Km 190 si incontra il Campo Base per la gola di Gorropu. Era una vecchia caserma edificata alla fine degli anni Cinquanta per il controllo del territorio nella lotta al banditismo, oggi è il punto di più facile accesso al canyon. Ad accogliere gli escursionisti sono i ragazzi di Chintula, la società fondata da Fabrizio Vella e Luciano Mùrgia e oggi concessionaria ufficiale della Gola di Gorropu. Sono una ventina, tutti di Orgosolo e Urzulei, appassionati ed orgogliosi del loro territorio.
Gorropu è una gola stretta e profonda che si incunea tra pareti verticali che superano i 500 metri di altezza, uno dei canyon più spettacolari d’Europa. Dalla statale e dal Campo Base, che è a quota 800 metri, si intravede questo crepaccio che sprofonda nella vallata dove scorre il rio Flumineddu.
La discesa inizia in Jeep 4X4 con i driver di Chintula lungo uno sterrato 5 chilometri che sembra precipitare nella macchia, un bosco fitto di lecci, ginepri, corbezzoli. Si raggiunge l’imbocco del sentiero che porta alla gola e si prosegue a piedi per 2,8 km. Si guada il Flumineddu e si cammina lungo il percorso che non presenta particolari difficoltà, alterna piccole salite e discese con un dislivello massimo di 100 metri, zone d’ombra e roccia esposta al sole. In 45 minuti si arriva alla gola. Nell’ultimo tratto ci si aiuta con le mani per raggiungere il letto del crepaccio.
Ecco le formidabili pareti del canyon. La potenza dell’acqua ha disegnato uno scenario di una bellezza selvaggia: un caos di grossi ciottoli bianchi, salti e pozze d’acqua (dove ci si può bagnare), arbusti improbabili che affondano radici invisibili nella roccia e chissà come resistono da millenni.
Una bandiera sarda sventola tra le rocce, indica una sorgente di acqua buona e freddissima dove è d’obbligo riempire la borraccia.
All’imbocco del canyon c’è un piccolo capanno del Campo Base che vigila e dà indicazioni per la visita. La gola è percorribile per circa 1,5 km, ma solo il primo tratto, di circa 500 metri, è accessibile a tutti (segnalato in verde). Certo occorrono gambe buone e una discreta agilità per infilarsi e scivolare tra i grossi ciottoli levigati dalla furia dell’acqua.
Il paesaggio è di una potenza ancestrale, man mano che si procede verso la gola, le pareti straordinariamente verticali e vicine sembrano toccarsi. Ci si infila in questo budello che nel suo punto più stretto è di poco meno di 5 metri. Il cielo in alto è una fessura blu. Lungo una parete si vede l’aquilegia nuragica, una specie fossile, considerata unica al mondo, che fiorisce tra maggio e giugno.
Il percorso prosegue e la segnalazione in giallo e poi in rosso indica che è solo per i più esperti.
Il ritorno è sulla stessa strada, prima il sentiero e poi in Jeep. La durata totale è di circa 5 ore. Ho avuto il privilegio di essere guidata da Maria Pira da qualche anno in forze a Chintula: nativa di Orgosolo, tanto esile quanto fiera e appassionata della sua terra, una guida straordinaria.
Senza una guida non coglierete tanti aspetti del canyon come il tasso millenario conficcato tra le pareti calcaree, come l’aquilegia nuragica che ha delicati fiori violacei. E tante altre storie che abitano questi luoghi, insieme all’aquila reale.
Ps
Si può raggiungere il canyon anche attraverso altri percorsi, più lunghi ed impegnativi. Qui tutte le proposte di escursioni di Chintula
Al Campo base si possono noleggiare scarponi da trekking, si fa rifornimento d’acqua e snack. Si possono comprare prodotti tipici, artigianato locale, t-shirt e altri accessori sportivi. E c’è una buona selezione di libri e guide sul territorio.
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