Ho aggiornato il contenuto della pagina il 9 Ottobre 2024
È risalendo a piedi la vigna Cannito con il monte Calpazio davanti e il mare alle spalle che senti tutta la bellezza di questa terra. Che sa essere dolce e selvaggia al tempo stesso. La piana di Paestum è a pochi minuti di Jeep, ma quassù c’è un’altra aria, un altro tempo. E c’è il cuore di San Salvatore 1988, il microcosmo di Giuseppe Pagano.
Peppino Pagano, come lo chiamano tutti da queste parti, è tra gli uomini che hanno contribuito a scrivere il nuovo corso di Paestum. Albergatore di lusso, allevatore di bufale, vignaiolo appassionato, sicuramente imprenditore caparbio e con una precisa visione. Che gli piace riassumere in una sola parola Kalokagathia: una parola greca che racchiude in sé il senso del bello e del buono. La ricerca del bello si legge in ogni suo progetto: il Savoy beach hotel (a cui l’architetto e interior designer Giampiero Panepinto ha dato da poco una nuova veste e soprattutto una lussuosa Spa), il boutique hotel Esplanada, il Beach club 93, il ristorante Tre Olivi due stelle Michelin e l’azienda agricola San Salvatore 1988.
San Salvatore 1988 non è un’azienda agricola come altre: è un laboratorio a cielo aperto, dove ogni giorno si dà valore ad una produzione consapevole e sostenibile. Dove si allevano quasi 750 bufale e si coltivano vitigni autoctoni rispettando la terra. 150 ettari tra bosco, vigneti e oliveti, frutteti e coltivazioni di grano, mais e fieno che si estendono dal mare di Paestum alle colline di Giungano, sino alle montagne di Stio, paesino di pietra abitato da poco meno di 1000 persone.
Nessuna coltivazione intensiva, solo biologico e biodinamica. <<Non coltiviamo la terra, ce ne prendiamo cura assecondando le sue vocazioni e la sua natura>>.
La sostenibilità è un pilastro dell’azienda. Ci sono due impianti di fotovoltaico e uno di biogas che assicura 2mila kilowatt all’anno. <<Trasformiamo il letame delle nostre bufale prima in energia e poi in concime naturale. Senza rispetto per la terra non c’è futuro. È questo quello che vogliamo trasmettere alle generazioni di oggi>>.
Bufale e vino fanno parte di un solo progetto. La prima vigna viene impiantata nel 2007, nel 2011 la prima vendemmia; ma è grazie all’azienda bufalina, nata nel 2008, che prende corpo e forma il progetto dell’azienda vinicola.
Un bufalo nero stilizzato è il simbolo dell’azienda. Un logo che nasce da una storia vera che Peppino ama raccontare con dovizia di particolari: la storia di quando un bufalo scappò dal recinto seminando il panico tra i coloni, si nascose tra le vigne fino a sorprendere un vecchio contadino. Si fissarono negli occhi. “Ho visto un bufalo tra le vigne e lui ha visto me”. Per riprendersi dalla paura, il contadino chiese a Pagano di bere vino.
Aglianico, Fiano, Greco e Falanghina sono i vitigni coltivati. Tredici ad oggi le referenze prodotte e un progetto speciale che porta la firma di Gillo Dorfles, il critico d’arte, professore di estetica, artista e filosofo, assiduo frequentatore di Paestum che, in amicizia, volle regalare a Peppino Pagano 16 disegni per altrettante etichette. Un progetto che coniuga il buono e il bello, a proposito di Kalokagathia, che dal 2009 identifica il vino “Omaggio a Gillo Dorfles”, l’Aglianico in purezza di San Salvatore 1988, in tiratura limitata. 7000 bottiglie ogni anno.
La cantina con la bella bottaia, la sala degustazione e lo shop aziendale sono a Giungano.
Poco distante, a circa una decina di chilometri, sulla SS 18 in località Cafasso, c’è La Dispensa un altro satellite dell’azienda: caseificio, bar e ristorante, punto vendita. Qui si degustano e acquistano mozzarella e yogurt da latte di bufala (un velluto in bocca), ma anche tanti altri prodotti dell’azienda agricola. L’esperienza è sedersi a tavola e mangiare la cucina delle massaie cilentane che sono ai fornelli, tra pentole e padelle. La cucina è a vista e le cuoche sono tutte signore over 60, una scelta precisa per poter raccontare in ogni piatto l’esperienza e la cultura gastronomica del territorio. Impastano a mano acqua e farina per fare la pasta come si faceva una volta: il piatto da non perdere è Lagane e ceci, con i ceci di Cicerale, Presidio Slow Food.
Il menu è semplice e genuino, le ricette sono quelle di una volta come l’Acquasale cilentana con pane biscottato nel forno a legna, fatto con farine di grano duro Senatore Cappelli. Per finire in dolcezza provate i Cremosi San Salvatore: monoporzioni in piccoli vasi di terracotta a base di latte di bufala al gusto vaniglia, cappuccino, cioccolato e nocciole.
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